domenica 27 maggio 2007

Film al cinema: Zodiac


Durante l'estate del 1968, nell'area di San Francisco, comincia a operare un serial killer che rivendica i propri omicidi con lettere spedite ai principali quotidiani locali. Dopo aver assunto un nome riconoscibile, Zodiac, l'assassino sfida la polizia con una serie di messaggi in codice che nessuno riesce a decifrare correttamente. Sulle sue tracce, oltre a una coppia di detective, si mettono anche un giornalista alla ricerca di scoop e un vignettista frustrato, quest'ultimo appassionato di codici ed enigmistica: la sfida è appena cominciata…

Zodiac è un thriller atipico: ispirato alle azioni di un serial killer che tenne per anni in scacco la polizia di San Francisco (ancora oggi il caso è considerato chiuso solo perché il principale imputato morì prima di essere sottoposto a processo), il film di David Fincher concentra le sue attenzioni non tanto sulla figura dell'assassino, che rimane sullo sfondo, avvolta da un'aura inquietante e misteriosa, ma su un eterogeneo gruppo di personaggi, le cui vite vengono sconvolte dalle azioni del killer.

Un gran bel film, e nonostante avessi già letto vari commenti recensioni, positive o negative, è comunque una pellicola che mi ha lasciato spiazzato.

Un thriller che diventa un film-inchiesta, la storia di un assassino/scheggia impazzita che si tramuta nel resoconto dettagliato di un indagine, scava tra le dinamiche di gruppo, unisce personaggi e situazioni nell’arco di 30 anni (il film parte nel ’69 e si conclude ai giorni nostri ), un reportage poliziesco rigoroso ma non algido, fremente e teso come una corda di violino, che mescola con sapienza le carte in tavola e affastella indizi e indagini, compulsioni, lettere e perizie, interrogatori e articoli, nuove scoperte e abbattimento delle stesse, nella spasmodica ricerca di un colpevole.

Fincher concentra gli omicidi nella prima parte (con almeno 2 sequenze “malate” che sono da togliere il respiro ) lasciando al resto l’accumulo di indizi e informazioni, insieme alla montante ossessione dei quattro protagonisti.

Ci sono gli errori, le false piste, i dubbi di una indagine vera.
I ritmi non sono quelli del thriller classico, siamo un po’ all’antitesi di Seven, come se questo fosse una sorta di visione speculare, ma appunto quello che me lo ha fatto amare è che Zodiac si prende i suoi tempi, e lo fa per raccontare fatti, per farci vivere la storia e i suoi protagonisti, introdurci in una caccia all’uomo che ha negli uffici di polizia e nella redazione del giornale i veri luoghi d’azione, che ha nella raccolta di fonti e nelle telefonate alle centrali di polizia la sua ricerca sul campo, e nei dialoghi le sue vere armi.

La ricerca della verità viene vista con diverse angolazioni: prima lo sconcerto e la curiosità dei media, quindi la paura e le contromisure della collettività, poi quasi una mitizzazione del serial killer, tutto poi affrontato intrecciando le storie dei 3 attori principali (un vignettista e un giornalista di nera del San Francisco Chronicle, e un investigaotore che nel loro indagare fremente mi hanno fatto venire in mente Tutti gli uomini del presidente), insomma tanti spaccati che Fincher riesce però a dosare bene.

Il cast è splendido, e non solo la triade dei protagonisti Ruffalo (bravo), Gyllenhall (bravissimo) e Downey Jr () ma ci sono anche Brian Cox (suo un episodio importante per la vicenda, che rimane nella mente), il grande Philip Baker Hall (il patriarca morente di Magnolia), Chloe Sevigny, Dermot Mulroney, Elias Koteas e Anthony Edward.

Da vero orgasmo visivo alcune scene, che mettono in luce il talento di Fincher e che al solo ripensarci adesso mi danno la pelle d’oca…
Il carrello laterale iniziale, la panoramica nella sequenza dell'omicidio del taxista, i codici di Zodiac che investono l’ambiente, la parte nella cantina ( ), la costruzione di un palazzo sintesi dello scorrere del tempo, il logo Warner-Paramount dei vecchi film all'inizio.

Sono questi gli indizi che poi testimoniano un'altra importante verità, Fincher è un grande regista, e con questa ultima opera, ambiziosa, lunga, imponente, impegnativa, per me vince la sua scommessa e colpisce ancora una volta il bersaglio.

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