venerdì 22 giugno 2007

Film in dvd: Bobby, di Emilio Estevez

Recuperato a noleggio questo film meraviglioso e straconsigliato.
Bobby è stato un colpo al cuore, mi ha lasciato quasi tramortito…

Un ritratto corale potente, devastante, orchestrato magicamente, un cast in stato di grazia per un docu-film pieno di pathos.

Posto questa recensione che rende giustizia a questo capolavoro:


4 giugno 1968.
Si stanno svolgendo le elezioni per le primarie democratiche in California, un test decisivo per la corsa verso la candidatura per la Presidenza degli Stati Uniti. Le ore di quella giornata scorrono verso la speranza di una possibile vittoria di Bob Kennedy sull'avversario McCarthy. Si chiuderanno nelle prime ore del 5 giugno con i colpi di pistola sparati da Sirhan Sirhan che stroncheranno non solo la vita di un uomo ma le speranze di quell'America che vuole uscire dalla follia della guerra nel Vietnam.

Emilio Estevez decide di raccontarcele non seguendo, più o meno documentaristicamente, le 'ultime ore' del candidato ma proponendoci altmanianamente la vita delle persone che si trovano, per i più diversi motivi, nell'Hotel Ambassador quartier generale dei Democratici.
Dal direttore fedifrago con moglie parrucchiera dell'hotel al cameriere immigrato che vorrebbe poter andare ad assistere alla partita dei suoi sogni ed è costretto a lavorare; dalla cantante ormai alcolizzata al giovane attivista che sogna solo di poter essere presentato al leader è un concatenarsi di storie che ci mostrano uno spaccato dei sogni e delle frustrazioni degli Stati Uniti di quei giorni. Estevez, che all'epoca aveva sei anni, mette insieme un cast ad altissimo livello per raccontarci di un American Dream che sembrava ancora possibile e che, da quel giorno che faceva seguito agli spari di Dallas, ha cominciato a impallidire.

Evitando accuratamente territori ultra battuti e a rischio di facile retorica, Estevez si concentra sui percorsi umani dei suoi numerosi personaggi e inserendoli proficuamente nella cornici delle elezioni presidenziali. Non c'è infatti molto spazio per la mera cronaca politica in Bobby: questa è presente per lo più attraverso le immagini di repertorio. Perchè Bobby è essenzialmente un film su uomini e donne, ragazzi e anziani, neri e messicani, attivisti e figli dei fiori, in attesa di un cambiamento che gli verrà negato. La forza e il poderoso fuori campo dei personaggi sono frutto delle scelte di Estevez, ma anche della qualità di un cast ricco, convincente e variegato, che sfrutta nella maniera migliore la carica iconica degli interpreti. Tra volti emergenti, star in decadimento (Demi Moore nella sua prova migliore di sempre, Sharon Stone mai così bella dai tempi di Casinò di Scorsese) e sicurezze assolute, spicca però un gigantesco Anthony Hopkins (non a caso anche produttore del film) finalmente degno di una prova attoriale di intensità assoluta. Portiere in pensione e ideale narratore esterno dele vicende il suo personaggio pare prendersi carico dell'intera portata simbolica del film in pochi sguardi e battute.

Sguardi e battute che fanno di Bobby un'opera preziosissima.

"Hanno creato un deserto e lo chiamano pace" diceva Bob in riferimento al Vietnam. Quelle parole, pronunciate dalla sua viva voce nel film hanno un valore che si estende all'oggi. Basta cambiare i riferimenti. Nel matrimonio di due giovani che vedono nella cerimonia l'unica possibilità di salvezza dalla chiamata al fronte per il lui della coppia e che scoprono che non si tratta solo di un escamotage ma che il loro è amore sta il nucleo del film.

Il lungo discorso di Bob Kennedy, che chiude il film mentre scorre un'alternarsi di scene ricostruite e di materiali relativi a quella notte, è lì a ricordarcelo.
"Sono convinto che possiamo lavorare tutti insieme. Siamo un grande paese, un paese altruista e compassionevole".

Bobby, così come il cinema vero richiede, riesce a parlarci del passato per farci riflettere sul presente.
Uno sparo... The sound of silence.


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