sabato 28 aprile 2007

Film (da non vedere) al cinema: Perfect Stranger


Una cosa ridicola. La trama sembra scritta da un ragazzino di 14 anni in piena tempesta ormonale, arrapato e direi anche mezzo sbronzo. La regia poi dopo 10 minuti decide che per far colpo meglio evitare riprese troppo difficili e decide di soffermarsi sul didietro della Halle Berry, che praticamente recita da solo e spesso ha più scene della sua proprietaria. E poi sta cosa delle chat ad alta voce, ma quando mai si sono viste/sentite!
Ci sono 5-6 finali, controfinali, scene conclusive, e almeno 3 sequenze in cui lo schermo sfuma al nero e ti aspetti i titoli di coda. Non è un buon segno, se poi proprio il finale "decisivo" è proprio il più inverosimile che ci sia, cioè senza parole... Questo si chiama giocare male, nel senso essere sleali con lo spettatore. Scene scult ce ne sono a iosa, dalle mail volgarotte di Bruce Willis ai flashback dell'infanzia della Berry che sono assurdi!
Minuscolo spoiler: Ma il migliore resta l'immagine computerizzata della berry che blatera dal pc: Miles è un figo! Insomma, meno male dovevo rimanere inchiodato alla sedia come ho letto in giro, dopo il primo tempo me ne volevo andare!
Non ho nemeno voglia di indignarmi troppo ehehe, copio-incollo alcune recensioni de quotidiani trovate su Mymovies.it... Parlano da sole!
La Stampa:
Man mano che il film procede la plausibilità della faccenda diminuisce a vista d'occhio fino alle estreme conseguenze di un finale che in nome della sorpresa sacrifica il senso comune. James Foley, regista altre volte abile, non riesce a tenere in mano una faccenda che gli scappa da tutte le parti; e gli interpreti vivono di rendita su un prestigio divistico che un altro paio di film come questo finiranno per logorare.
Il Foglio:
I pettegolezzi li riferisce il Guardian. Produttori, regista, sceneggiatori di "Perfect Stranger" hanno avuto così scarsa fiducia nei propri mezzi da girare tre differenti finali, dove l'assassino era ogni volta diverso, sperando che almeno uno sarebbe piaciuto al pubblico delle privatissime anteprime organizzate dalle major per testare il prodotto prima dell'uscita in sala. Poiché un pettegolezzo tira l'altro, nello stesso articolo John Patterson riferisce che gli spettatori professionisti presenti alle suddette anteprime lamentavano il fatto che la regola dei tre tentativi non fosse stata applicata all'intero film, dal copione al cast, dalle musiche al montaggio, per non parlar della trama. Uno forse dei tre tentativi sarebbe andato a segno. In ogni caso, fare peggio di così era difficile. Sì: questo è lo stesso film che sui giornali della scorsa settimana – complice un giretto promozionale di Halle Berry in Italia – era vantato come un magnifico thriller con messaggio. Un thriller adrenalinico capace di sondare al tempo stesso le profondità di Internet e quelle dell'animo umano (passando per le chat erotiche, va da sé). La maledizione dell'Oscar esiste, e Halle Berry se l'è beccata. Forse non doveva emozionarsi tanto, quando le diedero la statuetta, e lei disse che era un grande passo per le donne di colore, poi cominciò a singhiozzare. Sarà stato un grande passo per le donne di colore, ma tutto quel che l'attrice ne ha ricavato è il costumino di "Catwoman" (trionfatore ai Razzies, le pernacchie d'oro). In "Perfect Stranger" – ci volevano tre tentativi di traduzione anche per il titolo? – ha una nuova pettinatura, vestiti da vamp, un lavoro da giornalista d'assalto, un computer superattrezzato che forse il garante della privacy non approverebbe. Nelle interviste, spiega che è un tour de force recitare la parte di una persona che finge di essere un'altra persona. Non abbiamo notato la differenza.
Il Corriere della Sera:
«Non capisco come gli artisti si prestano». La frase mi è tornata in mente dopo aver visto Perfect Stranger: mentre è noto che i divi prediligono, o addirittura esigono, i personaggi simpatici, qui Halle Berry e Bruce Willis sconfinano nell' antipatia. Chissà come mai i loro agenti non hanno evitato loro di cadere in una simile trappola. (...)
In base alla disordinata configurazione del film si può ricavare una regola: l' unica consegna inderogabile del cinema di consumo deve essere quella di non annoiare. In libera uscita dall' empireo dell' alta filmologia, non c' è niente di male a comportarsi da normali consumatori di un onesto prodotto di routine. Se un racconto per immagini è intrigante, scorre via veloce e ti fa passare gradevolmente un paio d' ore, dovremmo accontentarci e non star lì a spaccare il capello in quattro. Ce ne accorgiamo quando un prodotto non funziona, come accade con Perfect Stranger: un thrilling realizzato per divertire che ahimé non diverte affatto.

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